Aree di intervento

Disturbi d'ansia e psicosomatici

Ansia è un termine largamente usato per indicare un complesso di reazioni emotive, comportamentali e fisiologiche che si manifestano in seguito alla percezione di uno stimolo percepito come minaccioso e nei cui confronti non ci riteniamo sufficientemente capaci di reagire.

L’ansia è uno stato emotivo che, per quanto sgradevole, è di comune riscontro in vari momenti e situazioni della vita umana.

Spesso descritta come una sensazione di tensione psicofisica, di preoccupazione e di inquietudine che talvolta sconfina nella paura, l'ansia non sempre è sinonimo di malattia. A questo proposito, quindi, è importante stabilire i confini tra ansia normale e ansia patologica.

L'ansia normale, che rappresenta una reazione d'allarme, è uno stato di tensione psicologica e fisica che implica un'attivazione generalizzata di tutte le risorse dell'individuo, mirate all'adattamento alla situazione vissuta come potenzialmente pericolosa.

L'ansia patologica determina, invece, una limitazione delle capacità di adattamento dell'individuo perché comporta uno stato d'incertezza rispetto al futuro, con la prevalenza di sentimenti spiacevoli.

Spesso non si riscontra una causa riconoscibile nell'ansia patologica, altre volte può riguardare specifici oggetti ed eventi. La sensazione di vaghezza che deriva dall’ansia è spesso accompagnata da uno stato di sofferenza che, talvolta, ha un'intensità tale da essere insopportabile. Ciò determina comportamenti di difesa che limitano l'esistenza, come l'evitamento di alcune situazioni o il controllo di altre, attraverso la messa in atto di rituali di vario tipo.

Fra i più comuni disturbi d’ansia troviamo:

  • Il disturbo d’ansia generalizzato
  • Gli attacchi di panico e il disturbo di panico
  • L’ansia sociale e le fobie specifiche

I sintomi che si manifestano in presenza di ansia possono variare da un individuo all’altro, sia in termini di tipologia che di intensità. Fra i più frequenti troviamo:

  • Senso di paura e di pericolo imminente;
  • Paura di morire o di perdere il controllo o di impazzire;
  • Apprensione e/o ipervigilanza;
  • Irritabilità ed impazienza;
  • Difficoltà a concentrarsi;
  • Difficoltà di respirazione e sensazione di soffocamento;
  • Senso di oppressione toracica e/o vertigini;
  • Formicolio in diverse parti del corpo
  • Sudorazione eccessiva;
  • Senso di debolezza e stanchezza;
  • Tensione muscolare e/o tremori;

I disturbi Psicosomatici hanno in comune con i disturbi d’ansia alcuni dei sintomi somatici. Il corpo, si ammala e incamera sofferenza quando viviamo un disagio psichico, manifestando contrazioni, dolori, tensioni e, a volte, vere e proprie malattie. Ciò evidenzia lo stretto legame esistente fra mente e corpo.

Il nostro metodo d’intervento tiene conto proprio di questa connessione e, attraverso un approccio integrato con la Bioenergetica, individua i blocchi emotivi anche sotto forma di tensioni corporee e permette di superare la fase di stallo più rapidamente per arrivare a uscire fuori dalla prigione delle proprie paure.

Ansia è un termine largamente usato per indicare un complesso di reazioni emotive, comportamentali e fisiologiche che si manifestano in seguito alla percezione di uno stimolo percepito come minaccioso e nei cui confronti non ci riteniamo sufficientemente capaci di reagire.

L’ansia è uno stato emotivo che, per quanto sgradevole, è di comune riscontro in vari momenti e situazioni della vita umana.

Spesso descritta come una sensazione di tensione psicofisica, di preoccupazione e di inquietudine che talvolta sconfina nella paura, l’ansia non sempre è sinonimo di malattia. A questo proposito, quindi, è importante stabilire i confini tra ansia normale e ansia patologica.

L’ansia normale, che rappresenta una reazione d’allarme, è uno stato di tensione psicologica e fisica che implica un’attivazione generalizzata di tutte le risorse dell’individuo, mirate all’adattamento alla situazione vissuta come potenzialmente pericolosa.

L’ansia patologica determina, invece, una limitazione delle capacità di adattamento dell’individuo perché comporta uno stato d’incertezza rispetto al futuro, con la prevalenza di sentimenti spiacevoli.

Spesso non si riscontra una causa riconoscibile nell’ansia patologica, altre volte può riguardare specifici oggetti ed eventi. La sensazione di vaghezza che deriva dall’ansia è spesso accompagnata da uno stato di sofferenza che, talvolta, ha un’intensità tale da essere insopportabile. Ciò determina comportamenti di difesa che limitano l’esistenza, come l’evitamento di alcune situazioni o il controllo di altre, attraverso la messa in atto di rituali di vario tipo.

Fra i più comuni disturbi d’ansia troviamo:

  • Il disturbo d’ansia generalizzato
  • Gli attacchi di panico e il disturbo di panico
  • L’ansia sociale e le fobie specifiche

I sintomi che si manifestano in presenza di ansia possono variare da un individuo all’altro, sia in termini di tipologia che di intensità. Fra i più frequenti troviamo:

  • Senso di paura e di pericolo imminente;
  • Paura di morire o di perdere il controllo o di impazzire;
  • Apprensione e/o ipervigilanza;
  • Irritabilità ed impazienza;
  • Difficoltà a concentrarsi;
  • Difficoltà di respirazione e sensazione di soffocamento;
  • Senso di oppressione toracica e/o vertigini;
  • Formicolio in diverse parti del corpo
  • Sudorazione eccessiva;
  • Senso di debolezza e stanchezza;
  • Tensione muscolare e/o tremori;

I disturbi Psicosomatici hanno in comune con i disturbi d’ansia alcuni dei sintomi somatici. Il corpo, si ammala e incamera sofferenza quando viviamo un disagio psichico, manifestando contrazioni, dolori, tensioni e, a volte, vere e proprie malattie. Ciò evidenzia lo stretto legame esistente fra mente e corpo.

Il nostro metodo d’intervento tiene conto proprio di questa connessione e, attraverso un approccio integrato con la Bioenergetica, individua i blocchi emotivi anche sotto forma di tensioni corporee e permette di superare la fase di stallo più rapidamente per arrivare a uscire fuori dalla prigione delle proprie paure.

Depressione

La depressione è un disturbo dell’umore particolarmente diffuso che può interessare tanto gli adulti quanto i bambini e colpisce la capacità delle persone di pensare in modo lucido e realistico, mina la motivazione all’azione, altera le funzioni corporee quali, ad esempio, appetito e sonno e fa sentire chi ne è affetto nel mezzo di una terribile sofferenza emotiva e, soprattutto, incapace di uscirne fuori. Generalmente chi ne soffre vive in una condizione di costante malumore, con pensieri negativi e pessimistici circa se stessi e il proprio futuro e intensi stati di insoddisfazione, colpa e tristezza. A questo quadro si associa spesso un calo del funzionamento socio-lavorativo, un’incapacità di provare piacere nelle attività quotidiane e una significativa compromissione in altre aree importanti della vita quali quella sessuale, relazionale e lavorativa.

I sintomi della depressione sono:

  • Umore depresso o tristezza per la maggior parte del giorno;
  • Ridotta capacità di trarre piacere dalle attività che in passato procuravano gioia e soddisfazione;
  • Senso di fatica e sensazione di non farcela nelle attività quotidiane;
  • Sensi di colpa, autocritica, autosvalutazione e sensazione di essere un fallito;
  • Mancanza di speranza e pianto;
  • Pensieri negativi e idee di morte;
  • Irritabilità;
  • Difficoltà a prestare attenzione, a concentrarsi e a prendere decisioni;
  • Sonnolenza e aumento della durata del sonno;
  • Risvegli notturni angosciosi, con difficoltà a riprendere sonno;
  • Inappetenza o, in rari casi, aumento dell’assunzione di cibo;
  • Ridotto desiderio sessuale.

È necessario distinguere fra la depressione e la tristezza. Non è patologico avere delle leggere fluttuazioni dell’umore. La depressione è uno dei disturbi dell’umore che necessita di un intervento clinico quando i suoi sintomi sono molto intensi, provocano una forte sofferenza, non sono giustificati da eventi quali un lutto o una separazione e durano da molto tempo (più di 6 mesi). Può capitare di avere periodi nei quali il nostro tono dell’umore è basso, questo non vuol dire che siamo depressi, ma possiamo sempre chiedere aiuto e iniziare un percorso di consapevolezza che ci aiuti a stare meglio.

Il nostro lavoro mira a recuperare il piacere di vivere una vita che valga la pena di essere vissuta. L’espressività emotiva e quella corporea sono la chiave per ridare energia alle nostre attività e recuperare fiducia in sé stessi per rompere i legami e le routine depressive, tornando via via ad essere liberi e di nuovo padroni della propria vita.

La depressione è un disturbo dell’umore particolarmente diffuso che può interessare tanto gli adulti quanto i bambini e colpisce la capacità delle persone di pensare in modo lucido e realistico, mina la motivazione all’azione, altera le funzioni corporee quali, ad esempio, appetito e sonno e fa sentire chi ne è affetto nel mezzo di una terribile sofferenza emotiva e, soprattutto, incapace di uscirne fuori. Generalmente chi ne soffre vive in una condizione di costante malumore, con pensieri negativi e pessimistici circa se stessi e il proprio futuro e intensi stati di insoddisfazione, colpa e tristezza. A questo quadro si associa spesso un calo del funzionamento socio-lavorativo, un’incapacità di provare piacere nelle attività quotidiane e una significativa compromissione in altre aree importanti della vita quali quella sessuale, relazionale e lavorativa.

I sintomi della depressione sono:

  • Umore depresso o tristezza per la maggior parte del giorno;
  • Ridotta capacità di trarre piacere dalle attività che in passato procuravano gioia e soddisfazione;
  • Senso di fatica e sensazione di non farcela nelle attività quotidiane;
  • Sensi di colpa, autocritica, autosvalutazione e sensazione di essere un fallito;
  • Mancanza di speranza e pianto;
  • Pensieri negativi e idee di morte;
  • Irritabilità;
  • Difficoltà a prestare attenzione, a concentrarsi e a prendere decisioni;
  • Sonnolenza e aumento della durata del sonno;
  • Risvegli notturni angosciosi, con difficoltà a riprendere sonno;
  • Inappetenza o, in rari casi, aumento dell’assunzione di cibo;
  • Ridotto desiderio sessuale.

È necessario distinguere fra la depressione e la tristezza. Non è patologico avere delle leggere fluttuazioni dell’umore. La depressione è uno dei disturbi dell’umore che necessita di un intervento clinico quando i suoi sintomi sono molto intensi, provocano una forte sofferenza, non sono giustificati da eventi quali un lutto o una separazione e durano da molto tempo (più di 6 mesi). Può capitare di avere periodi nei quali il nostro tono dell’umore è basso, questo non vuol dire che siamo depressi, ma possiamo sempre chiedere aiuto e iniziare un percorso di consapevolezza che ci aiuti a stare meglio.

Il nostro lavoro mira a recuperare il piacere di vivere una vita che valga la pena di essere vissuta. L’espressività emotiva e quella corporea sono la chiave per ridare energia alle nostre attività e recuperare fiducia in sé stessi per rompere i legami e le routine depressive, tornando via via ad essere liberi e di nuovo padroni della propria vita.

Crisi coniugali e dinamiche di coppia

La crisi di coppia non è mai determinata da un solo evento, in genere si tratta di una combinazione di fattori e ha come tratto distintivo il protrarsi nel tempo. Generalmente la coppia si ritiene in crisi quando un elemento si contorce a tal punto che i due partner si irrigidiscono e smettono di faticare per scioglierlo insieme. A questo punto comincia la crisi e generalmente le responsabilità e le colpe vengono rimpallate tra i due partner. Ciò comporta sempre un malessere e, nonostante il desiderio di cambiamento, i tentativi di risolvere i problemi non danno esito positivo o, addirittura, si sono trasformati in dinamiche ripetitive che alimentano il problema anziché risolverlo.

Molto spesso le coppie litigano per il ruolo che ciascun partner assume nella relazione. Spesso i ruoli assunti hanno a che fare con la storia del singolo individuo e si ripresentano al di là di uno specifico rapporto sentimentale. Altra dinamica molto comune è quella legata al “potere”: ci si dimentica dell’affetto reciproco che ha fatto scegliere l’unione, facendo prevalere il bisogno di dominio sull’altro o la paura di soccombere. In questo modo la coppia si dispone su piani contrapposti di attacco o di fuga, aggredendo o allontanandosi, per eccesso di difesa, dal partner.

Un’altra classica dinamica disfunzionale di coppia è quella che si instaura tra il partner che funge da genitore e l’altro da figlio. Questo porta i partner a sentirsi soffocati o troppo carichi di responsabilità.

Depotenziare queste dinamiche e salvare l’amore, l’attrazione ed il rispetto nutrito verso il partner è possibile, nel momento in cui si diviene consapevoli dei ruoli reciprocamente giocati.

Nella vita di coppia piccole crisi, circoscritte nel tempo, sono da considerarsi fisiologiche; condividere davvero le scelte, le decisioni importanti, la fatica della quotidianità è difficile; il confronto delle idee porta a una sana conflittualità che porta la coppia a salire di un livello di consapevolezza e di equilibrio. In molti casi proprio la mancanza di piccole crisi, di momenti di conflittualità, di sano confronto sono alla base della crisi di coppia.

Il lasciar correre, l’imparare a non dire o non fare qualcosa che urta il partner, nel tempo, impoverisce l’espressività, crea un clima di mancanza di libertà, produce risentimento, tutti ingredienti di un malessere che non trova sfogo ma che si alimenta nel tempo.

Il nostro lavoro è quello di rendere la coppia più consapevole e più disponibile al confronto. Con il lavoro psicoterapeutico si impara a parlare per sé, assumersi la responsabilità della crisi e ritrovare quel coraggio per risolverla insieme. A volte invece è più opportuno rendersi coscienti che la relazione così com’è non funziona e il percorso terapeutico può accompagnare la coppia ad attivare un processo di separazione il più possibile sereno e non conflittuale.

La crisi di coppia non è mai determinata da un solo evento, in genere si tratta di una combinazione di fattori e ha come tratto distintivo il protrarsi nel tempo. Generalmente la coppia si ritiene in crisi quando un elemento si contorce a tal punto che i due partner si irrigidiscono e smettono di faticare per scioglierlo insieme. A questo punto comincia la crisi e generalmente le responsabilità e le colpe vengono rimpallate tra i due partner. Ciò comporta sempre un malessere e, nonostante il desiderio di cambiamento, i tentativi di risolvere i problemi non danno esito positivo o, addirittura, si sono trasformati in dinamiche ripetitive che alimentano il problema anziché risolverlo.

Molto spesso le coppie litigano per il ruolo che ciascun partner assume nella relazione. Spesso i ruoli assunti hanno a che fare con la storia del singolo individuo e si ripresentano al di là di uno specifico rapporto sentimentale. Altra dinamica molto comune è quella legata al “potere”: ci si dimentica dell’affetto reciproco che ha fatto scegliere l’unione, facendo prevalere il bisogno di dominio sull’altro o la paura di soccombere. In questo modo la coppia si dispone su piani contrapposti di attacco o di fuga, aggredendo o allontanandosi, per eccesso di difesa, dal partner.

Un’altra classica dinamica disfunzionale di coppia è quella che si instaura tra il partner che funge da genitore e l’altro da figlio. Questo porta i partner a sentirsi soffocati o troppo carichi di responsabilità.

Depotenziare queste dinamiche e salvare l’amore, l’attrazione ed il rispetto nutrito verso il partner è possibile, nel momento in cui si diviene consapevoli dei ruoli reciprocamente giocati.

Nella vita di coppia piccole crisi, circoscritte nel tempo, sono da considerarsi fisiologiche; condividere davvero le scelte, le decisioni importanti, la fatica della quotidianità è difficile; il confronto delle idee porta a una sana conflittualità che porta la coppia a salire di un livello di consapevolezza e di equilibrio. In molti casi proprio la mancanza di piccole crisi, di momenti di conflittualità, di sano confronto sono alla base della crisi di coppia.

Il lasciar correre, l’imparare a non dire o non fare qualcosa che urta il partner, nel tempo, impoverisce l’espressività, crea un clima di mancanza di libertà, produce risentimento, tutti ingredienti di un malessere che non trova sfogo ma che si alimenta nel tempo.

Il nostro lavoro è quello di rendere la coppia più consapevole e più disponibile al confronto. Con il lavoro psicoterapeutico si impara a parlare per sé, assumersi la responsabilità della crisi e ritrovare quel coraggio per risolverla insieme. A volte invece è più opportuno rendersi coscienti che la relazione così com’è non funziona e il percorso terapeutico può accompagnare la coppia ad attivare un processo di separazione il più possibile sereno e non conflittuale.

Disagi socio-relazionali

Per difficoltà socio-relazionali intendiamo l’insieme di disagi e difficoltà che bambini, ragazzi e giovani adulti possono sperimentare nel fare i conti con la propria dimensione emotiva, affettiva e relazionale.

Un disturbo socio-relazionale può essere la manifestazione delle difficoltà che affronta l’individuo, nel mettersi in relazione con le altre persone e può dipendere sia da difficoltà personali, che dalle esperienze pregresse, che da cambiamenti recenti nella propria vita.

Per molte persone non è facile esprimere le proprie emozioni, soprattutto quando non si percepisce la presenza di una dimensione relazionale sicura. Questo vale ancora di più per adolescenti e giovani adulti che sono alle prese con la costruzione di una propria identità.

Quando ci sono difficoltà ad esprimere liberamente il proprio mondo emotivo, inevitabilmente le relazioni ne risentono, strutturandosi, spesso, in maniera superficiale e povera.

Quando si prova disagio nelle relazioni è spesso possibile evidenziare una scarsa competenza emotivo-relazionale, una tendenza all’isolamento ed alla costruzione di un mondo parallelo al reale, dove rifugiarsi.

Situazioni comuni di disagio socio – relazionale negli adolescenti sono:

  • la difficoltà organizzativa scolastica;
  • la difficoltà di separazione dai genitori;
  • la difficoltà di relazionarsi con i coetanei;
  • la difficoltà del controllo delle emozioni: scatti di ira, prevaricazioni, prepotenza o al contrario passività e poca reattività;
  • difficoltà di approcciarsi con l’altro sesso;

Per gli adulti, le difficoltà connesse alla sfera emotiva relazionale riguardano:

  • difficoltà di accettare punti di vista differenti;
  • difficoltà nel raggiungere i propri obbiettivi;
  • difficoltà nel comunicare efficacemente;
  • difficoltà nel relazionarsi sentimentalmente;
  • difficoltà nelle relazioni professionali;
  • difficoltà nel credere in se stessi;
  • difficoltà nella gestione familiare;
  • difficoltà nelle prese decisionali;

I disturbi emotivi e relazionali, possono emergere in vari contesti e in diversi momenti della vita evolutiva di una persona (ingresso a scuola, ingresso nella vita lavorativa, matrimonio, divorzi, nascita di figli, ecc.). La psicoterapia può considerarsi come un percorso di potenziamento, “empowerment”, dove l’obiettivo è quello di far leva sulle risorse del soggetto, implementando caratteristiche emotive e relazionali. La psicoterapia accompagna la persona in un percorso che ha l’obiettivo di riscoprire i propri talenti, infondere linfa e fiducia in sé stessi e nelle relazioni, aumentare quella “Intelligenza emotiva” che ci rende più competenti e confidenti ad incontrare gli altri con gioia e piacere. Anche attraverso l’approccio corporeo risvegliamo questa motivazione intrappolata ad incontrare sé stessi e l’altro con maggiore serenità ed efficacia, oltre a diminuire il senso del giudizio e di vergogna.

Per difficoltà socio-relazionali intendiamo l’insieme di disagi e difficoltà che bambini, ragazzi e giovani adulti possono sperimentare nel fare i conti con la propria dimensione emotiva, affettiva e relazionale.

Un disturbo socio-relazionale può essere la manifestazione delle difficoltà che affronta l’individuo, nel mettersi in relazione con le altre persone e può dipendere sia da difficoltà personali, che dalle esperienze pregresse, che da cambiamenti recenti nella propria vita.

Per molte persone non è facile esprimere le proprie emozioni, soprattutto quando non si percepisce la presenza di una dimensione relazionale sicura. Questo vale ancora di più per adolescenti e giovani adulti che sono alle prese con la costruzione di una propria identità.

Quando ci sono difficoltà ad esprimere liberamente il proprio mondo emotivo, inevitabilmente le relazioni ne risentono, strutturandosi, spesso, in maniera superficiale e povera.

Quando si prova disagio nelle relazioni è spesso possibile evidenziare una scarsa competenza emotivo-relazionale, una tendenza all’isolamento ed alla costruzione di un mondo parallelo al reale, dove rifugiarsi.

Situazioni comuni di disagio socio – relazionale negli adolescenti sono:

  • la difficoltà organizzativa scolastica;
  • la difficoltà di separazione dai genitori;
  • la difficoltà di relazionarsi con i coetanei;
  • la difficoltà del controllo delle emozioni: scatti di ira, prevaricazioni, prepotenza o al contrario passività e poca reattività;
  • difficoltà di approcciarsi con l’altro sesso;

Per gli adulti, le difficoltà connesse alla sfera emotiva relazionale riguardano:

  • difficoltà di accettare punti di vista differenti;
  • difficoltà nel raggiungere i propri obbiettivi;
  • difficoltà nel comunicare efficacemente;
  • difficoltà nel relazionarsi sentimentalmente;
  • difficoltà nelle relazioni professionali;
  • difficoltà nel credere in se stessi;
  • difficoltà nella gestione familiare;
  • difficoltà nelle prese decisionali;

I disturbi emotivi e relazionali, possono emergere in vari contesti e in diversi momenti della vita evolutiva di una persona (ingresso a scuola, ingresso nella vita lavorativa, matrimonio, divorzi, nascita di figli, ecc.). La psicoterapia può considerarsi come un percorso di potenziamento, “empowerment”, dove l’obiettivo è quello di far leva sulle risorse del soggetto, implementando caratteristiche emotive e relazionali. La psicoterapia accompagna la persona in un percorso che ha l’obiettivo di riscoprire i propri talenti, infondere linfa e fiducia in sé stessi e nelle relazioni, aumentare quella “Intelligenza emotiva” che ci rende più competenti e confidenti ad incontrare gli altri con gioia e piacere. Anche attraverso l’approccio corporeo risvegliamo questa motivazione intrappolata ad incontrare sé stessi e l’altro con maggiore serenità ed efficacia, oltre a diminuire il senso del giudizio e di vergogna.

Infertilità di coppia e supporto alla PMA

La coppia che riceve una diagnosi di infertilità si trova ad affrontare una vera e propria crisi che investe l’area privata, sociale e relazionale. Non si tratta di problematiche che hanno a che fare solamente con il corpo, anche perché, molto spesso, davanti a un mancato concepimento non vengono neanche individuate con chiarezza le cause possibili. L’infertilità è anche, e soprattutto, una ferita psicologica, la cui guarigione è spesso lenta e faticosa. 

Ogni coppia e ogni individuo all’interno della coppia ha modi di reagire estremamente differenti che dipendono dalla propria personalità, dalla storia di vita dei partner, dalle caratteristiche della relazione di coppia, dalla cultura in cui si è immersi, dal tipo di infertilità e dalle procedure terapeutiche. Nonostante le differenze, però, la diagnosi di infertilità causa sempre delle reazioni emotive negative e dolorose. 

Tra queste reazioni troviamo spesso depressione, calo di autostima, senso di colpa e di fallimento, ansia, pensieri ossessivi, stress e rabbia. 

Chi affronta una diagnosi di infertilità si trova ad affrontare diverse perdite. C’è innanzitutto la perdita di una speranza, di una fantasia, del bambino che abbiamo immaginato e desiderato, ma anche di una immagine di sé.

La perdita, infatti, è anche quella della identità di genitore e di conseguenza di uno status all’interno di una società che conferisce grande valore alla genitorialità e che rinforza comportamenti che sono collegati alla procreazione o alla crescita dei figli. 

Il rapporto col proprio corpo può subire notevoli cambiamenti, se prima era considerato funzionante, adesso diventa all’improvviso percepito come “difettoso”, a volte un ostacolo. Ciò può scatenare contemporaneamente sentimenti di colpa e di rabbia e alimentare anche un senso di vergogna e inadeguatezza.

Nel caso in cui si scelga di intraprendere un percorso di PMA, il corpo della donna diviene oggetto di innumerevoli interventi e medicalizzazioni, spesso dolorosi, che provocano frustrazione e notevole sofferenza, non solo fisica ma anche psicologica. Altra causa di disagio per la donna, durante questo genere di percorsi, è la percezione di non avere più controllo né padronanza del proprio corpo.

Il supporto psicologico nelle situazioni di infertilità può riguardare la coppia, che si trova a fronteggiare questo evento di vita, oppure il singolo quando l’infertilità è portatrice di vissuti emotivi destabilizzanti o disturbanti per uno dei due partner in particolare.

Chiedere aiuto a un esperto diventa innanzitutto una possibilità di uscire dall’isolamento, comprendere ed esprimere i propri vissuti, e interrompere il circolo vizioso del senso di colpa e fallimento. 

Davanti a una diagnosi di infertilità e durante i percorsi di procreazione assistita, il supporto psicologico è uno strumento prezioso per ridurre lo stress, gestire al meglio l’impatto dei trattamenti, esplorare e comprendere i propri vissuti e le proprie motivazioni, e fare, passo passo, scelte consapevoli. La psicoterapia aiuta a ripristinare un equilibrio di coppia, andando oltre le paure dei singoli. Questo può portare anche a scelte alternative come l’adozione o al ripensare una vita senza figli. La tutela del legame di coppia è necessaria per ridefinire un progetto di vita sano. 

Inoltre, è importante ricordare che in tutte quelle infertilità dove non ci sia una causa medica evidente, il supporto psicologico può aiutare a mettere in luce componenti psicogene, ed eventualmente sbloccare una situazione di tensione e ansia che interferisce con la fertilità.

La coppia che riceve una diagnosi di infertilità si trova ad affrontare una vera e propria crisi che investe l’area privata, sociale e relazionale. Non si tratta di problematiche che hanno a che fare solamente con il corpo, anche perché, molto spesso, davanti a un mancato concepimento non vengono neanche individuate con chiarezza le cause possibili. L’infertilità è anche, e soprattutto, una ferita psicologica, la cui guarigione è spesso lenta e faticosa. 

Ogni coppia e ogni individuo all’interno della coppia ha modi di reagire estremamente differenti che dipendono dalla propria personalità, dalla storia di vita dei partner, dalle caratteristiche della relazione di coppia, dalla cultura in cui si è immersi, dal tipo di infertilità e dalle procedure terapeutiche. Nonostante le differenze, però, la diagnosi di infertilità causa sempre delle reazioni emotive negative e dolorose. 

Tra queste reazioni troviamo spesso depressione, calo di autostima, senso di colpa e di fallimento, ansia, pensieri ossessivi, stress e rabbia. 

Chi affronta una diagnosi di infertilità si trova ad affrontare diverse perdite. C’è innanzitutto la perdita di una speranza, di una fantasia, del bambino che abbiamo immaginato e desiderato, ma anche di una immagine di sé.

La perdita, infatti, è anche quella della identità di genitore e di conseguenza di uno status all’interno di una società che conferisce grande valore alla genitorialità e che rinforza comportamenti che sono collegati alla procreazione o alla crescita dei figli. 

Il rapporto col proprio corpo può subire notevoli cambiamenti, se prima era considerato funzionante, adesso diventa all’improvviso percepito come “difettoso”, a volte un ostacolo. Ciò può scatenare contemporaneamente sentimenti di colpa e di rabbia e alimentare anche un senso di vergogna e inadeguatezza.

Nel caso in cui si scelga di intraprendere un percorso di PMA, il corpo della donna diviene oggetto di innumerevoli interventi e medicalizzazioni, spesso dolorosi, che provocano frustrazione e notevole sofferenza, non solo fisica ma anche psicologica. Altra causa di disagio per la donna, durante questo genere di percorsi, è la percezione di non avere più controllo né padronanza del proprio corpo.

Il supporto psicologico nelle situazioni di infertilità può riguardare la coppia, che si trova a fronteggiare questo evento di vita, oppure il singolo quando l’infertilità è portatrice di vissuti emotivi destabilizzanti o disturbanti per uno dei due partner in particolare.

Chiedere aiuto a un esperto diventa innanzitutto una possibilità di uscire dall’isolamento, comprendere ed esprimere i propri vissuti, e interrompere il circolo vizioso del senso di colpa e fallimento. 

Davanti a una diagnosi di infertilità e durante i percorsi di procreazione assistita, il supporto psicologico è uno strumento prezioso per ridurre lo stress, gestire al meglio l’impatto dei trattamenti, esplorare e comprendere i propri vissuti e le proprie motivazioni, e fare, passo passo, scelte consapevoli. La psicoterapia aiuta a ripristinare un equilibrio di coppia, andando oltre le paure dei singoli. Questo può portare anche a scelte alternative come l’adozione o al ripensare una vita senza figli. La tutela del legame di coppia è necessaria per ridefinire un progetto di vita sano. 

Inoltre, è importante ricordare che in tutte quelle infertilità dove non ci sia una causa medica evidente, il supporto psicologico può aiutare a mettere in luce componenti psicogene, ed eventualmente sbloccare una situazione di tensione e ansia che interferisce con la fertilità.

Crescita Personale, Autostima e Assertività

Ogni individuo è potenzialmente destinato a crescere e ad evolversi. Siamo sotto l’influsso dinamico di un cambiamento continuo ed è nella natura dell’uomo quello di migliorare sempre se stessi. Non sempre ciò è possibile però, perché talvolta rimaniamo fissati o imbrigliati in determinati conflitti del passato o in vecchie storie che ci mortificano e ci impediscono, appunto, di crescere. Dunque in questo processo fluido dove, per dirla con Eraclito, “tutto scorre”, si modifica, si trasforma e cresce, qualche volta si rischia di rimanere indietro e non sfruttare a pieno la propria energia per cambiare.

Crescita personale significa diventare sé stessi. E per diventare noi stessi abbiamo bisogno di ascoltarci a cuore aperto, imparare ad apprezzarci e a rimanere soli con noi stessi, di perdonarci davvero per tutte le volte che crediamo di aver sbagliato, imparando ad imparare dagli errori e soprattutto smetterla di autogiudicarci severamente, così da tirare fuori da noi quello che siamo ogni qual volta ce ne sia bisogno.

L’autostima è quel senso del sé che dà benzina al processo di crescita serena e ci permette di farci sentire capaci ed efficaci ad intervenire nelle cose della vita. Attraverso l’autostima e la fiducia in noi stessi possiamo sentirci liberi di esprimerci per quello che siamo, incontrare l’altro guardandoci negli occhi a testa alta, comunicare le nostre emozioni ed opinioni con maggiore efficacia, con assertività!

Il soggetto con un comportamento assertivo è colui che è capace di avere un atteggiamento positivo verso sé stesso e verso gli altri e di riconoscere ed esprimere i propri bisogni nel rispetto di quelli altrui. Inoltre, mettere in atto un comportamento assertivo stimola l’assertività dell’interlocutore e promuove un feedback relazionale positivo, nutriente per la propria autostima ed utile a migliorare la percezione dell’immagine di sé. Comportarsi in modo assertivo, infatti, vuol dire bilanciare i bisogni degli altri con i propri. È un gioco a due, in cui non c’è uno sconfitto e un vincente, ma entrambi gli interlocutori della relazione sono vincenti.

Nel processo terapeutico, che dunque non si occupa solo di disagio ma anche di crescita personale, empowerment, benessere e sviluppo del Sé, stimoliamo questo senso di autostima e assertività attraverso tecniche creative ed espressive, utilizzando tutti i canali di comunicazione, anche quello corporeo che coinvolge voce, postura, movimento ecc. Puntiamo moltissimo sulla crescita personale perché siamo convinti che ogni individuo è perfetto per quello che è nella fase in cui si trova, deve solo imparare a riconoscerlo e a convincersene per continuare ad evolversi.

Ogni individuo è potenzialmente destinato a crescere e ad evolversi. Siamo sotto l’influsso dinamico di un cambiamento continuo ed è nella natura dell’uomo quello di migliorare sempre se stessi. Non sempre ciò è possibile però, perché talvolta rimaniamo fissati o imbrigliati in determinati conflitti del passato o in vecchie storie che ci mortificano e ci impediscono, appunto, di crescere. Dunque in questo processo fluido dove, per dirla con Eraclito, “tutto scorre”, si modifica, si trasforma e cresce, qualche volta si rischia di rimanere indietro e non sfruttare a pieno la propria energia per cambiare.

Crescita personale significa diventare sé stessi. E per diventare noi stessi abbiamo bisogno di ascoltarci a cuore aperto, imparare ad apprezzarci e a rimanere soli con noi stessi, di perdonarci davvero per tutte le volte che crediamo di aver sbagliato, imparando ad imparare dagli errori e soprattutto smetterla di autogiudicarci severamente, così da tirare fuori da noi quello che siamo ogni qual volta ce ne sia bisogno.

L’autostima è quel senso del sé che dà benzina al processo di crescita serena e ci permette di farci sentire capaci ed efficaci ad intervenire nelle cose della vita. Attraverso l’autostima e la fiducia in noi stessi possiamo sentirci liberi di esprimerci per quello che siamo, incontrare l’altro guardandoci negli occhi a testa alta, comunicare le nostre emozioni ed opinioni con maggiore efficacia, con assertività!

Il soggetto con un comportamento assertivo è colui che è capace di avere un atteggiamento positivo verso sé stesso e verso gli altri e di riconoscere ed esprimere i propri bisogni nel rispetto di quelli altrui. Inoltre, mettere in atto un comportamento assertivo stimola l’assertività dell’interlocutore e promuove un feedback relazionale positivo, nutriente per la propria autostima ed utile a migliorare la percezione dell’immagine di sé. Comportarsi in modo assertivo, infatti, vuol dire bilanciare i bisogni degli altri con i propri. È un gioco a due, in cui non c’è uno sconfitto e un vincente, ma entrambi gli interlocutori della relazione sono vincenti.

Nel processo terapeutico, che dunque non si occupa solo di disagio ma anche di crescita personale, empowerment, benessere e sviluppo del Sé, stimoliamo questo senso di autostima e assertività attraverso tecniche creative ed espressive, utilizzando tutti i canali di comunicazione, anche quello corporeo che coinvolge voce, postura, movimento ecc. Puntiamo moltissimo sulla crescita personale perché siamo convinti che ogni individuo è perfetto per quello che è nella fase in cui si trova, deve solo imparare a riconoscerlo e a convincersene per continuare ad evolversi.

Dipendenze e Nuove dipendenze

Molto spesso per evitare un trauma, per fare fronte ad una situazione di forte conflitto o sofferenza, o semplicemente per procurarsi del piacere che non si riesce a trovare nella vita quotidiana, l’individuo ricorre inconsapevolmente nelle dipendenze. Nel corso degli anni e con lo sviluppo tecnologico ed economico le tipologie di dipendenze sono variate e incrementate. Alle cosiddette “vecchie dipendenze” se ne sono aggiunte di nuove, per così dire, più al passo con i nostri tempi.

Le cosiddette “vecchie dipendenze” sono quelle che implicano non solo una dipendenza psicologica, ma anche e soprattutto una dipendenza fisica. Sono le classiche dipendenze da sostanze (es.: alcool, cocaina, eroina, psicofarmaci, LSD, cannabis, ecc.).

Le “nuove dipendenze”, invece, sono di stampo prettamente psicologico e consistono nella ripetizione ossessiva di comportamenti, dei quali si diventa schiavi. Sono esempi di questa categoria: il gioco d'azzardo patologico, la dipendenza da internet e da telefono cellulare, la dipendenza affettiva, la dipendenza da lavoro, lo shopping compulsivo, ecc.

Ciò che hanno in comune tutte queste molteplici forme di dipendenza è l'impulso irrefrenabile a compiere un'azione per evitare apparentemente l’ansia, lo stress, la solitudine o altri tipi di disagio la cui entità è proporzionale all'intensità della dipendenza. Ma ad un disagio si fa fronte con un comportamento disfunzionale che arreca all’individuo un piacere temporaneo e, successivamente, ulteriore e peggiore disagio.

La psicoterapia accompagna la persona ad essere più consapevole della propria dipendenza e a rendersi maggiormente conto del potere che essa ha su di sé in termini di isolamento, impoverimento delle relazioni e perdita di piacere nei confronti delle attività di crescita della propria vita. Attraverso il depotenziamento del bisogno compulsivo e tecniche espressive e supportive, l’individuo potrà piano piano tornare padrone della propria vita, uscendo dai vincoli delle dipendenze e ricominciare a credere nelle proprie potenzialità funzionali adattive, investendo piuttosto che nella dipendenza, in attività costruttive e in relazioni sane, recuperando la spinta verso l’autorealizzazione.

Molto spesso per evitare un trauma, per fare fronte ad una situazione di forte conflitto o sofferenza, o semplicemente per procurarsi del piacere che non si riesce a trovare nella vita quotidiana, l’individuo ricorre inconsapevolmente nelle dipendenze. Nel corso degli anni e con lo sviluppo tecnologico ed economico le tipologie di dipendenze sono variate e incrementate. Alle cosiddette “vecchie dipendenze” se ne sono aggiunte di nuove, per così dire, più al passo con i nostri tempi.

Le cosiddette “vecchie dipendenze” sono quelle che implicano non solo una dipendenza psicologica, ma anche e soprattutto una dipendenza fisica. Sono le classiche dipendenze da sostanze (es.: alcool, cocaina, eroina, psicofarmaci, LSD, cannabis, ecc.).

Le “nuove dipendenze”, invece, sono di stampo prettamente psicologico e consistono nella ripetizione ossessiva di comportamenti, dei quali si diventa schiavi. Sono esempi di questa categoria: il gioco d’azzardo patologico, la dipendenza da internet e da telefono cellulare, la dipendenza affettiva, la dipendenza da lavoro, lo shopping compulsivo, ecc.

Ciò che hanno in comune tutte queste molteplici forme di dipendenza è l’impulso irrefrenabile a compiere un’azione per evitare apparentemente l’ansia, lo stress, la solitudine o altri tipi di disagio la cui entità è proporzionale all’intensità della dipendenza. Ma ad un disagio si fa fronte con un comportamento disfunzionale che arreca all’individuo un piacere temporaneo e, successivamente, ulteriore e peggiore disagio.

La psicoterapia accompagna la persona ad essere più consapevole della propria dipendenza e a rendersi maggiormente conto del potere che essa ha su di sé in termini di isolamento, impoverimento delle relazioni e perdita di piacere nei confronti delle attività di crescita della propria vita. Attraverso il depotenziamento del bisogno compulsivo e tecniche espressive e supportive, l’individuo potrà piano piano tornare padrone della propria vita, uscendo dai vincoli delle dipendenze e ricominciare a credere nelle proprie potenzialità funzionali adattive, investendo piuttosto che nella dipendenza, in attività costruttive e in relazioni sane, recuperando la spinta verso l’autorealizzazione.

Sostegno alla genitorialità

Diventare genitore è una tra le esperienze più straordinarie, importanti ed emozionanti della vita. Ciò comporta, nella maggioranza dei casi, un’immensa gioia, ma anche un grande cambiamento, maturazione e responsabilità che talvolta si trasformano in disagio. Spesso, infatti, la genitorialità può rappresentare un vero e proprio capovolgimento della propria vita ed uno stravolgimento radicale delle abitudini fino ad ora adottate. Per questo fare i genitori ed imparare ad esserlo, è un compito molto difficile soprattutto quando si incontra qualche difficoltà e in specifiche situazioni. Le dinamiche personali e di coppia si modificano e bisogna imparare a percepirsi come famiglia composta da più persone, coinvolgendo nelle proprie visioni di vita i figli nei loro specifici momenti evolutivi, non sempre comprensibili per gli adulti.

La coppia genitoriale, nella crescita dei propri figli, può trovarsi ad affrontare:

  • difficoltà riconducibili alla nascita
  • difficoltà di separazione genitore - figlio (es. ingresso al nido/ scuola dell’infanzia)
  • disagi riferibili a diagnosi di disturbi dell’età evolutiva
  • difficoltà relazionali sia della coppia che dei figli (isolamento, ansia, paure)
  • problematiche adolescenziali
  • difficoltà durante le normali tappe evolutive della crescita dei figli

Il sostegno alla genitorialità è un percorso che mira ad affiancare i genitori nel loro difficile ruolo di guida e di supporto per i propri figli. Gli interventi di sostegno psicoterapeutico consentono di capire e migliorare le relazioni familiari, per creare un ambiente sereno e stimolante, il più possibile accogliente per i figli.

Dopo una prima fase conoscitiva che mira a mettere in luce la natura stessa della problematica e a rendere maggiormente consapevoli i genitori, sia rispetto alle difficoltà che all’importanza del loro ruolo, si costruiscono assieme alla coppia nuove modalità di relazione e nuovi strumenti di intervento per ricominciare a sentirsi genitori efficaci.

Diventare genitore è una tra le esperienze più straordinarie, importanti ed emozionanti della vita. Ciò comporta, nella maggioranza dei casi, un’immensa gioia, ma anche un grande cambiamento, maturazione e responsabilità che talvolta si trasformano in disagio. Spesso, infatti, la genitorialità può rappresentare un vero e proprio capovolgimento della propria vita ed uno stravolgimento radicale delle abitudini fino ad ora adottate. Per questo fare i genitori ed imparare ad esserlo, è un compito molto difficile soprattutto quando si incontra qualche difficoltà e in specifiche situazioni. Le dinamiche personali e di coppia si modificano e bisogna imparare a percepirsi come famiglia composta da più persone, coinvolgendo nelle proprie visioni di vita i figli nei loro specifici momenti evolutivi, non sempre comprensibili per gli adulti.

La coppia genitoriale, nella crescita dei propri figli, può trovarsi ad affrontare:

  • difficoltà riconducibili alla nascita
  • difficoltà di separazione genitore – figlio (es. ingresso al nido/ scuola dell’infanzia)
  • disagi riferibili a diagnosi di disturbi dell’età evolutiva
  • difficoltà relazionali sia della coppia che dei figli (isolamento, ansia, paure)
  • problematiche adolescenziali
  • difficoltà durante le normali tappe evolutive della crescita dei figli

Il sostegno alla genitorialità è un percorso che mira ad affiancare i genitori nel loro difficile ruolo di guida e di supporto per i propri figli. Gli interventi di sostegno psicoterapeutico consentono di capire e migliorare le relazioni familiari, per creare un ambiente sereno e stimolante, il più possibile accogliente per i figli.

Dopo una prima fase conoscitiva che mira a mettere in luce la natura stessa della problematica e a rendere maggiormente consapevoli i genitori, sia rispetto alle difficoltà che all’importanza del loro ruolo, si costruiscono assieme alla coppia nuove modalità di relazione e nuovi strumenti di intervento per ricominciare a sentirsi genitori efficaci.

Disagio giovanile e adolescenziale

L’adolescenza è una fase della vita delicata, in cui i ragazzi sperimentano una quantità di cambiamenti repentini ed improvvisi di cui non fanno in tempo nemmeno a rendersi conto: sbalzi ormonali, mutazioni corporee, cambiamenti del timbro e del tono della voce, sviluppo di nuove emozioni e bisogni contrastanti, nascita della pulsione e del desiderio sessuale, cambiamento nei ruoli e nei rapporti sociali, voglia di indipendenza e di emancipazione dal nucleo familiare, ecc.

Atteggiamenti e comportamenti mutano e si alternano rapidamente. I genitori spesso si sentono pervasi da una sensazione di impotenza e incapacità genitoriale.

Una profonda conflittualità vede l’adolescente costantemente impegnato a decidersi tra opposte alternative: distruttività vs creatività, conformismo vs individualizzazione, irrazionalità vs ragione, introversione vs estroversione. Alternative che richiedono tempo e sofferenza per essere risolte. Un tempo che spesso manca per via della velocità di questi cambiamenti o al quale l’adolescente fatica a stare dietro. I compiti evolutivi, dunque, che i ragazzi devono affrontare durante il naturale processo di transizione verso l’età adulta sono innumerevoli e gli strumenti a disposizione non sempre sono adeguati ad affrontare la complessità e le contraddizioni della vita quotidiana.

Come un equilibrista, l’adolescente si sente insicuro, sperimenta situazioni difficili con una serie di percezioni, emozioni, sentimenti, valutazioni, bisogni e domande che nascondono una sofferenza sommersa, ma non per questo meno autentica e sincera.

Spesso il disagio non è visibile, è celato e viene gestito dal giovane con una sofferenza tutta ‘privata’ e silenziosa. Altre volte, invece, il disagio è visibile nella conflittualità con l’ambiente sociale. Quando il disagio emerge, si manifesta attraverso agiti scomposti, gesti eclatanti che tante volte portano a processi di autolesionismo o distruzione. Droga, alcool, atti vandalici, lesioni inflitte sul proprio corpo, gesti estremi, possono diventare il mezzo per esprimere un disagio che il ragazzo non sa gestire ed elaborare.

Ci troviamo di fronte ad una situazione di grave sofferenza interiore che alcune volte sfocia inesorabilmente in un drammatico comportamento deviante. Aggressività, dominanza, passività, autoesclusione, disimpegno, insubordinazione, rifiuto di ogni limite, insoddisfazione, non sono soltanto sintomi che rivelano un grave malessere di fondo, essi hanno il valore di un segnale lanciato, magari inconsciamente, dagli adolescenti al mondo degli adulti, una richiesta di aiuto che non può essere disattesa. Sono tanti i ragazzi che hanno paura di crescere e non sanno guardare con serenità al proprio futuro.

La psicoterapia interviene a supporto di questa categoria fragile in un momento evolutivo così delicato, provando ad infondere fiducia nei ragazzi e supportandoli nel loro percorso di crescita. Attraverso un ascolto attivo delle ragioni della sofferenza e dell’inquietudine che portano l’adolescente ad agire e mettere in atto processi distruttivi, si fornisce un contenitore adeguato dove poter riversare il carico di questo impegno di vita e le paure e le ansie a questo associate. Creare una cornice attorno al ragazzo che lo possa contenere e accogliere, senza sentirsi giudicato o minacciato, dà la possibilità di depotenziare il contenuto distruttivo del disagio vissuto e trasformare la rabbia in energia sana e direzionata all’autorealizzazione.

L’adolescenza è una fase della vita delicata, in cui i ragazzi sperimentano una quantità di cambiamenti repentini ed improvvisi di cui non fanno in tempo nemmeno a rendersi conto: sbalzi ormonali, mutazioni corporee, cambiamenti del timbro e del tono della voce, sviluppo di nuove emozioni e bisogni contrastanti, nascita della pulsione e del desiderio sessuale, cambiamento nei ruoli e nei rapporti sociali, voglia di indipendenza e di emancipazione dal nucleo familiare, ecc.

Atteggiamenti e comportamenti mutano e si alternano rapidamente. I genitori spesso si sentono pervasi da una sensazione di impotenza e incapacità genitoriale.

Una profonda conflittualità vede l’adolescente costantemente impegnato a decidersi tra opposte alternative: distruttività vs creatività, conformismo vs individualizzazione, irrazionalità vs ragione, introversione vs estroversione. Alternative che richiedono tempo e sofferenza per essere risolte. Un tempo che spesso manca per via della velocità di questi cambiamenti o al quale l’adolescente fatica a stare dietro. I compiti evolutivi, dunque, che i ragazzi devono affrontare durante il naturale processo di transizione verso l’età adulta sono innumerevoli e gli strumenti a disposizione non sempre sono adeguati ad affrontare la complessità e le contraddizioni della vita quotidiana.

Come un equilibrista, l’adolescente si sente insicuro, sperimenta situazioni difficili con una serie di percezioni, emozioni, sentimenti, valutazioni, bisogni e domande che nascondono una sofferenza sommersa, ma non per questo meno autentica e sincera.

Spesso il disagio non è visibile, è celato e viene gestito dal giovane con una sofferenza tutta ‘privata’ e silenziosa. Altre volte, invece, il disagio è visibile nella conflittualità con l’ambiente sociale. Quando il disagio emerge, si manifesta attraverso agiti scomposti, gesti eclatanti che tante volte portano a processi di autolesionismo o distruzione. Droga, alcool, atti vandalici, lesioni inflitte sul proprio corpo, gesti estremi, possono diventare il mezzo per esprimere un disagio che il ragazzo non sa gestire ed elaborare.

Ci troviamo di fronte ad una situazione di grave sofferenza interiore che alcune volte sfocia inesorabilmente in un drammatico comportamento deviante. Aggressività, dominanza, passività, autoesclusione, disimpegno, insubordinazione, rifiuto di ogni limite, insoddisfazione, non sono soltanto sintomi che rivelano un grave malessere di fondo, essi hanno il valore di un segnale lanciato, magari inconsciamente, dagli adolescenti al mondo degli adulti, una richiesta di aiuto che non può essere disattesa. Sono tanti i ragazzi che hanno paura di crescere e non sanno guardare con serenità al proprio futuro.

La psicoterapia interviene a supporto di questa categoria fragile in un momento evolutivo così delicato, provando ad infondere fiducia nei ragazzi e supportandoli nel loro percorso di crescita. Attraverso un ascolto attivo delle ragioni della sofferenza e dell’inquietudine che portano l’adolescente ad agire e mettere in atto processi distruttivi, si fornisce un contenitore adeguato dove poter riversare il carico di questo impegno di vita e le paure e le ansie a questo associate. Creare una cornice attorno al ragazzo che lo possa contenere e accogliere, senza sentirsi giudicato o minacciato, dà la possibilità di depotenziare il contenuto distruttivo del disagio vissuto e trasformare la rabbia in energia sana e direzionata all’autorealizzazione.

Contattaci per prenotare un incontro